Usa, east coast: diario di viaggio
1° giorno: Partenza ore 6.50 da Brindisi, scalo a Fiumicino e a Pisa, dove recuperiamo fortunatamente la valigia che, in realtà, avrebbero dovuto spedire direttamente negli USA! Un paio d’ore di ritardo della Delta da Pisa, arrivo a New York ore 19.00 (ora locale). Dopo i vari controlli di rito (passaporto, impronte digitali, foto, etc.) stanchi per le ore di volo optiamo per un taxi.
Piccola divagazione: all’inizio di ogni viaggio c’è sempre una sensazione strana – almeno per me – ci si sente un po’ pesci fuor d’acqua. Intendo i primi istanti, magari i primi giorni. C’è bisogno del tempo necessario per capire esattamente dove siamo, che tipo di gente ci circonda, cosa si aspettano da noi o cosa noi ci aspettiamo da loro, cosa si può fare e cosa, invece, è disdicevole. Il tempo per trovare la maniera migliore per interagire con la nuova meta e la sua gente. Ovviamente si tratta di un paese straniero e anche abituarsi a comunicare in un’altra lingua richiede il suo tempo. Premesso ciò non si può negare che il tempo per ambientarsi a New York raddoppi!! Non voglio essere troppo critica, ma non ci si può raccontare che è sempre tutto perfetto, che NY è il centro del mondo, il posto dove tutti vorrebbero vivere…NY è una città impegnativa e anche faticosa e ha bisogno di un po’ di tempo per essere compresa! Ovviamente dopo quasi 24 ore di viaggio (calcolandole da Brindisi), sedili non comodissimi e aria condizionata a palla, non si può atterrare in una megalopoli e aspettarsi che tutto andrà alla grande. Per iniziare arrivi alle 19:00 ma il tuo corpo non lo sa (segue ancora l’orario italiano e quindi è convinto che sia l’1:00 di notte), sei stanco, assonnato, congelato e sembra che tutti ti attendano al varco per farti domande strane in una lingua che fatichi a comprendere (soprattutto lo slang). Inizi a demoralizzarti! Poi passi ai controlli di sicurezza, degni di un criminale, e da demoralizzato passi a preoccupato! Finalmente stai per uscire dall’aeroporto e vieni assalito da decine di persone (più o meno losche) che ti propongono un passaggio in hotel. Con difficoltà cerchi di farti largo e arrivare ai taxi autorizzati e nel cervello ti si fa sempre più chiara una domanda: ma perché sono venuto in vacanza qui??? Finalmente arrivi in hotel, consegni la tua carta di credito (anche se hai già prepagato la camera dall’Italia) e senza pensare più a nulla…altrimenti si aprirebbero parentesi infinite, vai a dormire.
2° giorno: sveglia prestissimo, ore 6:00, d’altra parte è da circa 2 ore che ci rigiriamo nel letto…colpa del fuso orario! Fortunatamente la colazione in hotel inizia alle 7:00, così alle 8:00 siamo già per strada. La giornata è iniziata decisamente meglio. Il letto king size del nostro hotel a Midtown è comodissimo, con 6 cuscini morbidissimi; la colazione superba! Così ci dirigiamo direttamente a Penn Station per acquistare la MetroCard (utilissima e davvero conveniente, se si intende girare tutta la città). Prendiamo la subway in direzione Downtown, precisamente South Ferry, ultima fermata utile per prendere il traghetto per Staten Island. Lo Staten Island Ferry è un traghetto gratuito, utilizzato quotidianamente dagli abitanti di Staten Island che lavorano a Manhattan. – L’isola non ha molto da offrire a un turista, ma la traversata (dura circa 20 minuti) consente una piacevole crociera nella baia di NY, passando non lontano dalla Statua della Libertà, con vista privilegiata su tutta la city.
Rientrati a Manhattan iniziamo il nostro giro a piedi per il Finantial District. Da non perdere la Trinity Church con annesso cimitero. Doveroso un salto a Ground Zero, anche perché sono curiosa di vedere come avanzano i lavori. Quindi proseguiamo fino alla City Hall e ci fermiamo a mangiare qualcosa in un posto lì vicino. Credo sia qualcosa a metà strada tra un minimarket e un self service ed è gestito da giapponesi. Puoi semplicemente fare la spesa, oppure riempire un vassoio monoporzione in plastica e sederti a mangiare. Già…c’è praticamente di tutto: pollo, patate, insalata, tutto allo stesso prezzo, nel senso che alla casa pagherai a peso!!! Non importa cosa prendi ma quanto! Se preferisci puoi chiedere ai signori dietro al bancone di prepararti qualcosa sul momento. È un’alternativa ai camioncini che vedono hot dog, decisamente più economica di ristoranti e steakhouses. Prendiamo qualcosa dall’aspetto un po’ più salutare e usciamo. Direzione Brooklyn.
Trascorriamo un paio d’ore a spasso per questo quartiere davvero incantevole: case basse di impronta vittoriana, tanti parchi, negozi e boutique di tendenza. Ci fermiamo sulla Brooklyn promenade per goderci il panorama.
Riprendiamo la metro e scendiamo a Franklyn Street (Tribeca) per gironzolare tra Chinatown e Little Italy. Personalmente trovo questi quartieri inquietanti. Ovunque solo cinesi, negozi cinesi, si parla in cinese…ma l’integrazione dov’è? L’odore che fuoriesce da macellerie e pescherie è rivoltante, la sensazione è, in generale, di sporco. Premetto che la Cina mi affascina, la sua storia, le antiche tradizioni, ma questo quartiere non è proprio un buon testimone! Continuiamo a camminare in cerca di Little Italy…ma non c’è, non rimane quasi più nulla, e forse è meglio così. Oggi a NY ci sono numerosi ristoranti italiani di successo che hanno conquistato un posto in vari quartieri (anche più chic), come alcune delle migliori case di moda. Non voglio essere fraintesa, è che non mi piace vedere quartieri destinati a un’unica etnia, o una sola classe sociale, lo trovo triste e anacronistico!
Prima di rientrare decidiamo di passeggiare un po’ per Soho, ma sono troppo stanca per fare shopping, così osservo sbadatamente qualche negozietto, prima di riprendere la metro per l’hotel.
Per cena optiamo per una Steak House non lontana dall’Empire. È un po’ cara ma la qualità è ottima, il filetto è spesso ma morbidissimo, anche la birra ha un suo perché. Alle 23:00 siamo cotti e andiamo a nanna.
3° giorno: Anche questa mattina sveglia alle 6:00. Colazione e metro per Harlem. Oddio! Forse anche in questo caso le aspettative erano troppo elevate. Forse se ci vieni di domenica mattina e assisti a una messa con tanto di gospel è tutto diverso. Ma oggi, venerdì, alle 8:30 del mattino, non trovo nulla di particolarmente intrigante, le strade sono deserte, ogni tanto spunta qualcuno da un portoncino…quindi cambiamo rotta e ci spostiamo verso Morningside Heights per visitare la Columbia University. L’aria che si respira è incredibile! Per chi è abituato alle deprimenti università italiane questa è davvero una bella sensazione. Qui nella cultura investono (o almeno hanno investito) e lo si evince dalle strutture a disposizione degli studenti e dal verde che le circonda.
Prendiamo la metro per il Lincoln Center e da lì, a piedi, per Central Park South. Pranziamo seduti sul prato lasciandoci sopraffare da questo immenso parco artificiale nel cuore di Manhattan.
Oggi pomeriggio Greenwich Village! Che gioia questo quartiere. Finalmente gente con il sorriso impresso sulle labbra e, in Washington Square Park, una band di giovanissimi suona alcuni brani per guadagnare qualcosa, nella speranza, chissà, di diventare famosi prima o poi, come tanti che hanno iniziato da qui. Ci fermiamo a bere una birra in un caffè nel West Village che sembra uscito da una puntata di Friends. Più avanti veniamo letteralmente abbagliati da un piccolo locale dove servono burritos e margarita. Che posto fantastico! C’è una coda lunghissima all’ingresso, d’altra parte i tavoli all’interno non sono tantissimi; un tizio all’ingresso chiede i documenti (immagino verifichi che non si imbuchino dei minorenni), e una volta dentro è il delirio! Bandierine colorate pendono dal soffitto, i tavoli somigliano ai banchi di scuola e la clientela è composta per lo più da gente di colore allegra e rumorosa. Si fa festa a suon margarita o birra e enormi burritos o tacos. L’atmosfera mi piace…ma siamo un po’ brilli, così, nonostante sia ancora molto presto, rientriamo in hotel.
4° giorno: Oggi mattinata al Moma. è davvero un bel museo, la struttura, le collezioni, anche la mostra di Matisse in cui casualmente ci siamo imbattuti. Entrare in un museo a NY rende la città più familiare, un po’ più europea. Non so come descrivere la sensazione, ma è piacevole! Oggi tutta la città appare più scintillante ai miei occhi. Forse perché non ho dovuto prendere la metro che – diciamoci la verità – è molto efficiente ma non altrettanto pulita. Forse perché uscendo dall’hotel la prima strada che ho imboccato è stata la V Avenue. Forse perché è sabato mattina e c’è meno traffico. Insomma…per non rovinare l’idillio decido di passare anche il resto della giornata a Midtown.
Visitiamo il Rockfeller Center, entriamo a curiosare da Tiffany e poi all’Apple Store. Prendiamo un hot dog al volo (sperando che sia l’ultimo di questa vacanza) e continuiamo a passeggiare per Park Avenue. Ecco che l’altra faccia di NY si presenta, o meglio una delle tante. La strada è deserta, gli uffici sono chiusi ed è un susseguirsi di banche e mega-grattacieli che ospitano chissà quali grandi aziende. Intravediamo un caffè che sembra quasi un giardino ai piedi di un grattacielo e ci fermiamo per un drink. Scappiamo dopo meno di 3 minuti: per terra c’è sporco ovunque, il bancone, dove ci siamo ‘accomodati’, è appiccicoso, ai miei piedi intravedo frammenti di vetro e pozze d’acqua, c’è un odore persistente di alcohol e…ciliegina sulla torta…vedo la barman preparare un cocktail davanti ai miei occhi e versarlo in un bicchiere sporco! Ha finto di lavarlo passandolo due secondi sotto l’acqua corrente, ma, ovviamente, è ancora sporco. Non reggo, chiediamo il conto e andiamo via.
Altra piccola digressione: credo che NY sia più di ogni altra una città di forti contrasti, a tratti surreali. La presenza di 8 milioni di abitanti, più turisti, uomini d’affari, clandestini etc rende tutto più complicato, la gestione non è semplice, ma resta il fatto che non sai mai cosa ti attende dietro l’angolo. Un attimo prima sei impressionato dalla bellezza di Central Park, il secondo successivo noti decine di sacchi della spazzatura accumulati per strada. È difficile da reggere persino per chi come me ha vissuto in città problematiche, senza mezze misure, città che o si odiano si amano. Certo, pochi giorni non sono sufficienti per esprimere un giudizio attendibile, e, solitamente, l’opinione che ci si fa visitando un posto nuovo è viziata da numerosi aspetti, alcuni accidentali. Vedo donne stupende uscire la sera con abiti attillati e tacchi vertiginosi, entrare in un taxi per andare – immagino – in qualche locale trendy o a un party esclusivo; le vedo rientrare in hotel il giorno successivo con le buste dello shopping, sorridenti e bellissime. Il loro giudizio su questa città sarà necessariamente diverso dal mio. Ma non posso fare a meno di osservare anche tutte quelle persone con l’aria stanca che quotidianamente si spostano in metro per raggiungere il posto di lavoro; tutte quelle persone che vivono la parte bassa della città, addirittura quella sotterranea, e sembrano così sole in questa città immensa, dove chi ha i soldi abita ai piani alti, ha l’ufficio sull’attico e atterra in elicottero direttamente sul tetto dei grattacieli.
Riprendiamo il nostro giro fino alla Grand Central Station e al Crysler Building. Mangiamo al volo un trancio di pizza da un pakistano e rientriamo in hotel: stasera ci concediamo i piani alti, ci tiriamo a lucido e saliamo per un drink al roof garden del nostro hotel. Come volevasi dimostrare: qui NY si mostra in tutto il suo splendore. Un giardino sul terrazzo al 30° piano, bar con vista privilegiata sull’Empire illuminato. Intorno a noi giovani di diversa provenienza, ma anche tanti newyorkesi a godersi il panorama e il fresco della sera.
5° giorno: Facciamo colazione al volo e poi dritti a Penn Station, il treno per Philadelphia ci attende. È un treno regionale dell’Amtrak ma è perfetto. Arrivo a destinazione in perfetto orario. Lasciamo le valigie e iniziamo il nostro giro. D’obbligo una capatina al Liberty Bell Center, al Masonic Temple e un po’ di free time al Reading Terminal Market di Philly.
Trascorriamo il pomeriggio passeggiando per il quartiere quacchero (davvero grazioso) fermandoci a cena in un fantastico ristorante cubano.
6° giorno: oggi treno per Washington (District of Columbia). Lungo il tragitto osserviamo le tipiche casette in legno dei film americani, con l’auto nel vialetto, il giardino ben curato. All’altezza di Baltimora, nel Maryland, lo scenario cambia; dal finestrino intravedo la periferia con case strette, addossate le une alle altre, tutte colorate, con bambini afroamericani seduti sui gradini o per strada a giocare. La nuova Baltimora è in lontananza.
Arrivati a destinazione e ignari delle distanze e degli spazi immensi che contraddistinguono la capitale – il nostro hotel è po’ fuori mano – pensiamo bene di uscire a piedi! Accidenti che fatica! Arriviamo alla Casa Bianca e da lì al Capitol. Quanto verde, è tutto così pulito e ordinato, passiamo vicino all’obelisco e da lì al Lincoln Memorial. Il National Mall è assoluto il simbolo di questa città pianificata sul finire del ‘700 per volere di George Washington dall’architetto-urbanista Pierre Charles L’Enfant.
I prati immensi sono pieni di giovani che giocano a baseball o a rugby, gente che legge il giornale e…scoiattoli! Graziosi, sono ovunque, perfettamente integrati con la gente del posto, in attesa di qualche nocciolina. Nel tardo pomeriggio ci sorprende la pioggia, così prendiamo un taxi per Georgetown dove riusciamo a passeggiare un altro po’ prima di entrare in un autentico pub americano per un mega hamburger e una birra alla spina.
7° giorno: si rientra a NY per un ultimo giorno di permanenza sulla East Coast. Questa volta abbiamo prenotato un piccolo hotel nell’Upper East Side. Il quartiere pullula di negozi e boutique davvero interessanti…ma i prezzi sono decisamente al di là della nostra portata.
Il programma prevede una visita al Guggenheim – è un must – e subito dopo cena in un ristorantino nei pressi dell’hotel.
8° giorno: ultimo giorno a NY. Il volo parte verso sera, così effettuiamo il check out e ci dirigiamo al Metropolitan Museum. Passiamo ore e ore tra le numerose sale che ospitano oltre 2 milioni di opere (ed è solo la collezione permanente), suddivise in diverse sezioni che vanno dall’antichità classica all’arte moderna. Molte delle sale hanno immense vetrate sul Central Park che ci si presenta in una veste del tutto nuova – e ancora più affascinante – sotto la pioggia di questo acquazzone estivo.
È ora di andare, il volo per l’Italia ci aspetta! Salutiamo NY e la East Coast; non so se ci rivedremo ma, al di là di tutto, è stata una bella esperienza!